venerdì 29 novembre 2013

La fine del mio viaggio!

Sarà anche li, ad aspettarmi oppure no
una qualunque vita, un amore qualunque
magari… un sogno, anche da rottamare, poco importa.
Vorrei partire, vorrei… ma tanto so per certo che non potrei.
Ho la lacerante necessità di lasciare l’anima dietro le mie dolenti spalle.

Fine di un viaggio

Avrei bisogno di vivere leggero, e seguire soltanto un sentiero
dare ascolto soltanto alle nuvole, quelle che colorano la mia virtù.
Io parto! Non indugio più.
Bagaglio a mano con me soltanto il…pianto dei pochi giorni felici.

Se ci sarà lei ad aspettarmi
alla fine del mio viaggio
potrò soltanto dividere quel che rimane
del mio cuore e della passione che fu e forse, magari…un sorso di vita.

martedì 19 novembre 2013

Conoscevo una ragazza..con un braccio solo

 Conoscevo una ragazza, bella intelligente e sicura di se. Nata senza un avambraccio destro, non se ne era mai fatta un cruccio. Anzi lei non ci faceva più caso, o forse non lo aveva mai fatto. I genitori, molto più preoccupati e complessati di lei, le avevano regalato una protesi fatta appositamente per lei, indistinguibile dall'altra mano se non per l'immobilità. Si lasciò comvincere a portarla, ma lei si sentiva a disagio.
Tanja-Kiewitz
 Quando metteva la protesi, si sentiva senza un'arto, tutto quello che avrebbe dovuto fare con la mano di quella prolunga, lei istintivamente lo faceva con il gomito, estremo del suo arto, e per non sbattere tutto a terra, se ne stava immobile per non far danni. Si ribellò ai suoi genitori e non volle più portare la protesi. Incontrò un ragazzo, bello gentile che si perse nei suoi occhi e dopo ad un mese si ritrovò in attesa di un figlio. Si sposarano non ancor ventenni, si amarono e da quell'unione nacquero due figli maschi. Lei una bravissima madre, anche con un braccio solo, accudiva i suoi figli e la casa, aiutata dal marito. Era talmente solare, semplice e spontanea che nessuno notava l'arto mancante.
Nessuno se ne accorgeva, ma solo una volta qualcuno glielo fece notare. Andando a parlare con i professori del figlio, il docente di Agraria, dando forse per scontato che i genitori degli alunni fossero tutti contadini zotici, ignari delle buone maniere, quando vide la signora allungargli la mano sinistra per stringere la sua, le disse: " Bhè mi da la sinistra? Non ce l'ha la destra?"
"No professore, vede mi manca! " gli disse tirando fuori dal soprabito il moncherino, con semplicità e naturalezza. Il professore con evidente imbarazzo e una buona dose di ignoranza, non si scusò  e iniziò con arroganza ad elencare tutti i difetti di suo figlio. Lei lo guardò negli occhi e gli disse:
" Mi dispiace professore, ma non le credo. Lei vede negli altri i suoi difetti, lei non osserva la realtà ma solo quello che presume di sapere. E se boccia mio figlio, me ne frego, meglio contadino senza diploma. che ignorante con la laurea."

venerdì 15 novembre 2013

Conoscevo una ragazza... frigida


Conoscevo una ragazza frigida, eppure dentro di lei sentiva un fuoco che fin dalla pubertà la portava a toccare le sue parti intime, per poter affievolire le fiamme che sentiva partire dal basso fino a lambire lo stomaco, dove diventava un crampo doloroso. Quella sensazione di crampo lo aveva sentito anche da bambina, quando in tv vedeva un uomo e una donna baciarsi. Doveva serrare forte le bracce attorno alla vita e piegarsi fino a toccare i suoi ginocchi con il naso. A lei sembrava ridicolo quello che doveva fare per sopportare quel crampo, avrebbe voluto chiedere spiegazioni alla mamma, ma non avrebbe potuto dirle la causa del crampo, sapeva che avrebbe ottenuto un rimprovero se non un sonoro ceffone.

Quella bambina, entrando nella pubertà sentì quel fuoco ardere così insistentemente da non riuscire a resistergli. Stare con sé stessa era diventato una priorità, procurasi quell'eccitazione piacevole che si irradiava da quel preciso punto di fuoco per tutto il corpo, le piaceva troppo. Ma un bel giorno l'eccitazione culminò in una esplosione di piacere che la sconvolse, e da quel momento iniziò una lunga relazione con se stessa. Le piaceva toccare il suo corpo, cosa che le procurò notevoli sensi di colpa e altrettanti dubbi sul suo orientamento sessuale.

Più il piacere si intensificava più i sensi di colpa sparivano senza lasciare la ben che minima traccia. Anche il suo orientamento sessuale prese la giusta direzione quando si rese conto che la eccitava solo il proprio corpo e non quello delle altre ragazze. Oltretutto si sentiva fortemente attratta dagli uomini, non dai ragazzi. Uomini fatti e maturi, ecco erano quelli che lei desiderava e che viveva nei suoi sogni. Ma la realtà fù diversa dai suoi sogni. In quel luogo fantastico era lei che comandava il “gioco” e per ogni uomo immaginato, erano le sue mani, ormai esperte, che la portavano a una bellissima esplosione di piacere, mentre nella realtà tutto si spense.

Il rapporto intimo con un uomo, a parte il fuoco iniziale, non le fece provare nulla, e ogni volta che succedeva, il fuoco piano piano si spegneva. Questa esperienza negativa la segnò profondamente. Si faceva mille domande e l'unica risposta che riusciva a darsi era: “Non sono normale”. Fece anche una visita da un medico qualificato (uomo) e non fece altro che confermagli la sua anormalità. Anzi aggiunse anche che questa condizione di frigidità, l'aveva indotta lei praticando la masturbazione. In poche parole, i maschietti diventano ciechi e le femminucce frigide. Decise che bastava così. Basta uomini nella sua vita, anche se in verità ne aveva avuto uno solo, ma gli era bastato.

La ragazza frigida passò qualche anno in solitudine a rifuggire qualsiasi uomo che le dimostrasse interesse. Poi raccontando ad una amica la sua “anormalità”, scoprì di essere in buona compagnia. La sua amica aveva la stessa sua anormalità e chiedendo sfacciatamente, scoprì che anche tante altre ragazze, appartenevano a questa categoria. Capì che anni e anni di indottrinamento cattolico aveva influenzato il pensiero maschile e sopratutto quello femminile. Le donne del passato ricamavano le camicie da notte, dotate di uno sportellino a livello del pube, con la frase:”Non lo fo per piacer mio ma per dare figli a Dio”.

Capì che le sarebbe stato impossibile far accettare ad un uomo che il vero piacere femminile non riesiede dove loro credono, ma è da un'altra parte. Da quel momento si sentì ancora più sola, perché lei non si sarebbe accontentata di un rapporto senza quell'esplosione. Le sarebbe mancato sentirsi abbracciare da un uomo, il dormire fra le sue braccia forti e sentirsi protetta e sicura. Le sarebbe mancato l'odore caldo del respiro di un uomo che si avvicina per baciarti. Le sarebbe mancato da morire il bacio di un uomo, quel bacio profondo che le procurava il crampo allo stomaco e che da adulta le piaceva tanto, ma sapeva che per avere questo avrebbe dovuto fingere e lei non amava l'ipocrisia, meglio sola.

Invece un uomo si affacciò nella sua vita, un uomo che l'amava da morire e che non si accontentava di avere una donna vicino. Lei si sentì così capita che confidò a lui tutta la sua anormalità, e lui la lasciò libera di condurre il “gioco” ….....e vissero felici contenti e soddisfatti.

martedì 12 novembre 2013

Conoscevo un bambino....con una biciclettina rossa

Conoscevo un bambino di undici anni. Era un bambino felice, amato dalla madre in modo viscerale (bellissimo rapporto che la madre ha mantenuto fino alla fine dei suoi giorni), amato dal padre, che nonostante la severità data anche dalla divisa militare che portava, si inteneriva ogni volta che lo vedeva piangere. Era un ragazzino sveglio, intelligente e fantasioso.

Giocava con i ragazzini del condominio, immaginandosi epiche battaglie da combattere con spade di cartone ritagliate da scatole vecchie. Le frecce erano fabbricate con stecche di ombrelli vecchi e rotti, lanciati da archi fatti da una bacchetta sottile di giunco, che cresceva copioso nel greto del fiume, parco naturale di tutti i bambini di quel tempo. Nel piano terra del suo condominio, dal lato strada, v'era una fila di negozietti pittoreschi. Un "frutta e verdura" un tabacchino con i valori bollati, un'osteria covo di vecchietti beoni e un piccolo negozio di alimentari della zia materna. Lui, come tutti i bambini di quel tempo, faceva un lavoretto per conto del marito della zia. Lo zio aveva l'appalto dell'illuminazione dei cimiteri del comune, e ogni mese c'era da riscuotere la quota del consumo che consisteva in pochi spiccioli.
Con la sua biciclettina rossa e nella sacca tutte le cartelle di "riscossione", passava tutte le famiglie che dovevano questa tassa. Alla fine della giornata, rientrava con la sacca piena di monetine, dopo averle messe tutti in mucchietti le contava con la mamma e le accartocciava in carta di giornale. La mattina le portava al tabacchino sotto casa per farsi dare il pezzo di cartamoneta da dare allo zio insieme alle cartelle comprovante l'avvenuto pagamento. Un bel giorno il negoziante di frutta e verdura si accorse che alcuni ragazzini riuscivano a rubargli alcune banane e qualche mela e iniziò a gridare "al ladro al ladro"! Nel condominio, oltre al padre del bambino c'era un'altra persona in divisa, un graduato della polizia che si improvvisò "Ispettore Callaghan" e radunò tutti i ragazzini del condominio per interrogarli. Il più piccolo fece il nome di suo fratello maggiore omonimo del "bambino di undici anni". Quando la tabaccaia sentì fare il nome del bambino, si ricordò che andava spesso a portarle le monetine per farsi dare il pezzo in cartamoneta e sospettò che quelle monete le avesse rubate proprio a lei. Fù così che, per un sospetto stupido, il ragazzino si trovò indagato e incolpato di ladrocinio di monetine e di frutta. Partì la denuncia ancor prima che la mamma potesse dire da dove prendeva le monetine. Il padre, vergognandosi come un infame, lo esortava a confessare. Il ragazzino si rifiutò sempre di confessare una cosa che non aveva fatto. Quando lo portarono in tribunale nella città capoluogo della sua regione, il bambino si sentì morire. Con la paura nel cuore si avvicinò a quel banco con ancora nell'orecchio l'eco della voce di suo padre che gli diceva: "Confessa ..è meglio così si chiuderà il processo e andremo a casa" Ma lui, onesto fino in fondo anche da piccolino, disse "No signor Giudice non sono stato io". Non venne mai creduto dal padre, ma fu consolato dalla madre che sapeva bene come leggere la verità negli occhi del figlio. Fu condannato e la sua fedina penale si sporcò per una stupida donna sospettosa, che per pochi spiccioli marchiò un bambino. Lui crebbe e questo episodio non fece altro che rafforzargli la sua onestà, la sua voglia di verità che sostenne fino in fondo costi quel che costi. Divenuto adulto si fece cancellare quel marchio sulla fedina e finalmente dopo vent'anni giustizia fu fatta. 

venerdì 8 novembre 2013

Conoscevo una bambina......con un mantello color glicine con fregi dorati

Conoscevo una bambina......
A sei anni era una bambina giudiziosa, e silenziosa. Camminava rasente ai muri, non disturbava mai. Lei voleva capire, voleva ascoltare, voleva studiare il mondo degli adulti. Vedeva quel mondo pericoloso e doloroso. Molte volte avrebbe voluto sparire mentre il padre urlava alla madre, avrebbe voluto capire perché urlava tanto il babbo e perché piangeva sempre mamma. Per farlo si era immaginata un mantello che la rendeva invisibile, che lei indossava ogni volta che la situazione intorno si scaldava. In quel momento ogni fibra del suo corpo rimaneva immobile, il respiro quasi sospeso, attenta a ripiegare le punte dei piedini in modo che non spuntassero dal mantello e venisse scoperta ad ascoltare.

Era così convinta di essere invisibile, che nessuno faceva caso a lei. In quella posizione privilegiata lei ascoltava tutto, non le sfuggiva nulla. Insieme alle parole, le pareva di vedere uscire dalla bocca, degli adulti, vermi neri che sprizzavano fuori con quelle voci urlanti. Si infilava due ditine nelle orecchie, per paura che quei vermi neri ci si infilassero dentro. Imparò così, che il mondo degli adulti era fatto di tradimenti, bugie, ipocrisie. Non dimenticò mai tutto quello che vide uscire dalla bocca degli grandi, non dimenticò mai l'esperienza all'asilo...non dimenticò mai le suore con il crocifisso, tutte vestite di nero e bianco, pulite e profumate di borotalco con i vermi e i ragni che uscivano loro dalla bocca.

Si conservò per molto tempo quel magnifico mantello che lei immaginava color glicine con fregi dorati, e se ne stava parte della giornata sotto a quel mantello. Ne uscì solo due volte: una, quando vide il padre dare una spinta alla madre che cadde a terra, mentre lui stava per pestarla con...lei urlò con tutta la voce che aveva in gola e aggrappandosi ai pantaloni del padre lo calciava con tutta la sua forza sugli stinchi. Anche questo fece capire alla bambina che non si può sempre essere invisibili, a volte si deve agire. La seconda volta, era al doposcuola dalle suore e assistette alla punizione di un bambino che aveva alzato la voce. Suor Maura lo spinse a calci nel sedere nello sgabuzzino, nel sottoscala, e ve lo chiuse dentro. Le urla del bambino chiuso al buio erano talmente piene di terrore che lei non seppe resistere. Uscì dal suo mantello ed aprì quella porta liberando il bambino che fuggì via come un fulmine, appena in tempo vide ragnatele polverose che scendevao dal soffitto basso, che si sentì un calcio alla schiena e spinta dentro si trovò chiusa al buio.

Suor Maura l'aveva sorpresa e l'aveva punita spingendo lei nello sgabuzzino. Lei aveva il terrore dei ragni, lo aveva sempre avuto fin da piccolina. Quando ne vedeva uno le salivano addosso brividi, formicolii e sentiva sulla sua pelle camminare tutti i ragni del mondo e un urlo di terrore usciva dalla sua bocca. Ma quella volta no, non urlò. Sentiva le ragnatele sfiorarle il viso e lei atterrita, immobile, si sentì scivolare via, imparò in quel momento come rifugiarsi in quella parte di sé che non avverte la razionalità. La bambina uscì solo verso sera, visto che sapeva rendersi invisibile se la dimenticarono la dentro tutto il pomeriggio, solo quando venne la mamma a prenderla si ricordarono di lei. La mamma non seppe mai dove era stata la figlia, le avevano detto che si era nascosta perché si era fatta pipi sotto e così la bambina prese anche due sberle dalla mamma perché aveva bagnato le mutandine i calzini e infradiciato le scarpe.

La bambina crebbe in un clima ostile, senza amore, dove i bambini erano trattati come gli adulti, con la differenza che per i grandi, i bambini non capiscono nulla. Assisteva impotente alle discussioni dei genitori, dove il padre urlava, la madre "sveniva" e rovinava a terra, spinta dal vittimismo per impietosire un uomo che di lei se ne infischiava, e la bambina sentiva il cuore balzarle fuori dal petto vedendo la madre a terra. Insieme alla sorellina la soccorrevano, l'accarezzavano, la chiamavano piangendo disperate, le urlavano "mamma svegliati". La madre era sveglia, voleva solo prendersi dalle figlie ciò che il marito non le dava, visto che lui usciva dalla stanza sbattendo la porta bestemmiando, imprecando verso la moglie e le due figlie, augurandosi di trovarle tutte morte al suo ritorno.

Giochi? Nessuno, comprati perlomeno, una bambolina l'aveva, ma l'aveva fatta lei con stoffa di scarto, riempita di cotone idrofilo grezzo, con la faccia dipinta con il carbone. Alla bambina non piacevano gli occhi neri e quindi prese due bacche, da un albero che faceva fiori profumatissimi, con al centro una bacca blu cina, e colorò di blu gli occhi della bambola. La bambina crebbe ingegnosa, tutto ciò che le serviva aveva imparato a farselo.

Quanta pena mi fa ricordare quella bambina, e dopo tanti anni dall'averla conosciuta mi chiedo: "Ma cosa avrà prodotto quello che ha subito la bambina nella sua infanzia, da adulta ne avrà risentito? Come si sarà comportata con i suoi figli? Sarà una persona adulta, oppure è rimasta bambina con anni di esperienza?" Spero per lei che non sia mai stata adulta, spero sia rimasta bambina, solo così potrà riconoscere nei figli i bisogni dei bambini.

sabato 2 novembre 2013

Vorrei scendere

Vorrei finirla qui. Vorrei che tutto si fermasse ora.
Vorrei avere l'età dell'innocenza della faciullezza, quando non sei consapevole di quanto sia amaro quello che dovrai passare.
Non vorrei tornare indietro e passare tutti il dolore della crescita, quando cerchi disperatamente di cambiare le cose, piena di ideali, speranzosa che il futuro sarà favoloso..no non vorrei più passare quella delusione del nulla è cambiato anzi magari è peggiorato.
Non vorrei tornare indietro e rifaticare per costruire in tanti anni, quello che ora farei facilmente e in pochi giorni, non vorrei tornare indietro.
Non vorrei tornare a perdere le persone che ho amato, non vorrei risentire lo strappo al cuore.
Non vorrei andare in un freddo cimitero a guardar lapide. Ora vorrei solo poterli rivedere tutti
Vorrei raggiungerli. Vorrei scendere.

venerdì 1 novembre 2013

Io cosi

Osservo con occhi stanchi la scia di stelle innanzi a me
Sogno che qualcuna decida di muoversi a compassione
e cadere solo per me
Disegno svaghito con mano dolente l’infinito cielo
Come un cieco non avverto più il mio retaggio
Il sussurro di una voce come vento
Io cosi

m’assorda le miei orecchie con parole vane
Quiete pace silenzio…dove sono? Dove poterne acquistare
in questo gran bazar dove si confondono emozioni e sentimenti
Soltanto frasi distratte, si vendono con facilità
son poche quelle che s’ergono in cielo piene di bontà 
Una luna dolce e silente in questa strana notte mai veduta prima
Nell’aria si espande improvvisamente
un dolce aroma d’innocenza inoltrandosi nel buio dei miei pensieri
Mi risvegliano i più ardui…i più sopiti
Avverto la carezza dolce del peccato veniale
il peccato quello che rinfranca il mio timoroso cuore
Il sentiero pare intriso di prove immani
ma mi appare come un traguardo un dono 
a me quasi congeniale
Strappo e mi faccio largo da quel velo di pudore
S’accenda pure il mio ardore
Inerme mi servo della paura d’amare
Per avere al mio fianco quel raggio di speranza
Dirigo la mia fidanza nell'essere imperfetto
Traggo forza dalla mia debolezza
per trovare la mia strada
Afferro la parte più oscura di me
La isso con veemenza innanzi a tutti quegli sguardi distratti
Ammirate l'oscura e l'oscena per voi ipocriti presenza di me stesso
Ed intanto la parte lucente m’assiste del continuo. Io cosi
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