lunedì 23 maggio 2016

Peccare contro il cielo per un Sogno

Peccare contro il cielo, contro Dio per un sogno, quello mio: ma l'ho fatto soltanto perchè credevo potessi vivere una vita e crescere quel sogno anche io.


Peccare si, ho sbagliato anche e fallito in tutto ed ancor di più: ma soltanto perchè sognavo che potessi essere protagonista per qualcuno, almeno per voi due: frutto del mio seme, fiori dei miei sospiri, petali delle mie ansie.

Peccare contro il cielo per un Sogno
Peccare contro il cielo per un Sogno
Quanta ricchezza ho sperperato per te che regina mai mi fosti, versato a fiumi l'acqua cristallina del mio amore, solo per te che giaciglio mai mi desti, che calore da sempre mi negasti: morir di freddo gelido soltanto ebbi io da te.

Tanta paura, troppi sensi di colpa, il terrore del peccare per qualsiasi pensiero che la Madre Natura da che mi formò al mio essere donò, io frutto amaro del tuo grembo per errore fatale fui: mentre la mia mano andava giù come spinta, trascinata da una forza irrefrenabile, incontenibile, la paura, il terrore di sporcare l'anima esplodeva al pari del fuoco intrinseco che la mia vita pretendeva ch'io pagassi.

Mai sicurtà mi deste, solo un momento precario e sicuro mal'essere...fuoco freddo e malinconia furono compagni d'infanzia durante la vita mia: il terrore di sbagliare, la paura di osare...il mio sogno intanto cresceva e di cibarsi pretendeva.

Costrizione e dovere furono insegnanti elementari, che il mio sogno annichilivano, ma lui smettere di cercare il suo cibo non voleva: e nel mentre la mia mano scendeva.

Vivere nel peccato di sognare, doversi nascondere soltanto per amare, simulare per capire, fino a che la mia vita come pula al vento si spandeva e poi spariva: ed il mio sogno che urlava, senza che ci fosse nessuno che l'ascoltava!

Poi la fine che giungeva come schiavitù lo legava con catene eterne il mio sogno strangolava: rantoli languenti ed urla incessanti, il mio sogno ormai appena respirava e la mia anima piangeva.

Il male dilagava ed io dalla tempesta risucchiato ero, senza che nessuno s'accorgesse, quanto amore stava per morire: la mia voce sorda a tutti, il mio sangue trasparente, le mie ossa spezzate senza che rotte potessero sembrare.

Nulla innanzi a me, solo vuoto infinito il cui grigio colore domina imperituro: la mia mano ormai non va più giù, resta ferma, fredda inanimata: ed il mio sogno che di tornare non ne vuol più.

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