sabato 23 luglio 2011

tre leggende per tre punte

Cari amici e lettori de"Il peccato veniale", oggi vorrei parlarvi, anzi narrarvi, una leggenda che parla dell'origine di una regione italiana tra le più belle e martoriate al mondo, la Sicilia.

La gente siciliana, nella loro fervida fantasia dovuta alla loro viva spiritualità, determinata dal clima mediterraneo e dal suo frizzante modo di fare, è riuscita a trasfigurare in leggenda anche l'origine stessa della loro terra e, l'ignoto poeta popolare insito in ognuno di loro ha definito la Sicilia come un dono prezioso fatto da Dio al mondo in un momento di suprema gioia. Pertanto la Sicilia non sarebbe altro che la metamorfosi di un diamante posto da Dio nel mezzo del mare per la felicità del mondo perciò il "poeta popolare" conclude che: la chiamaru " Sicilia " li genti, ma di l'Eternu Patri è lu diamanti!
Anche il cantastorie popolare crea le sue leggende su come ebbe origine la Sicilia, e fa anch'egli opera di poesia. I tre progenitori, che danno alla Sicilia la peculiarità di un'aspetto triangolare, sarebbero...
pertanto il frutto dell'estro gentile di tre ninfe, che vagavano per il mare prelevando dalle parti più fertili del mondo un pugno di terra mescolata con sassolini; e, poi posizionatesi tutte e tre sotto il cielo più limpido ed azzurro del mondo, da tre punti gettarono il loro pugno di terra nel mare, e vi lasciarono cadere i fiori e le frutta che esse portavano nei flessuosi veli che le ricoprivano, danzando leggiadre sui piedi leggeri. Al loro apparire, il mare si vestì di tutte le luci dell'arcobaleno, e sorrise nelle sue grazie leggiadre ed infinite; e un pò per volta si solidificò, e dalle onde venne fuori una terra variopinta e profumata, ricca di tutte le seduzioni che la natura sà dare; i tre vertici del triangolo, dove le tre meravigliose ninfe avevano iniziato la loro danza, divennero i tre vertici estremi della nuova isola, che poi gli studiosi avrebbero chiamato Trinacria, cioè la terra dalle tre punte (e il più antico simbolo della Sicilia è una testa di donna con tre gambe, la Triskele dei greci, come si vede nelle pitture vascolari conservate nel museo archeologico di Agrigento), 
che si chiamarono capo Faro o Peloro dal lato di Messina, capo Passero o Pachino dal lato di Siracusa, e capo Boeo o Lilibeo dal lato di Palermo. Finanche il nome stesso dell'isola è nato da una leggenda, che parla di una principessa bellissima, che si chiamava appunto Sicilia e alla quale il destino ordinò di lasciare, sola e giovinetta, la propria terra natale, altrimenti sarebbe finita nelle fauci dell'ingordo Greco-levante, che le sarebbe apparso sotto le mostruose forme di un gatto manlinone, divorandola. Per scongiurare questo pericolo, non appena compì quindici anni (che così aveva sentenziato il destino) il padre e la madre, disperati, la posero in una barchetta, e la affidarono alle onde. E le onde, dopo tre mesi, quando ormai la povera Sicilia credeva di dover morire di fame e di sete, dato che tutte le sue provviste si erano esaurite, deposero la giovinetta su una spiaggia meravigliosa, piena di fiori e di frutti, ma assolutamente deserta e solitaria.
Quando la giovinetta ebbe pianto tutte le sue lagrime, la leggenda vuole che improvvisamente spuntò accanto a lei un bellissimo giovane, che la confortò, e le offerse amore e ricetto, spiegando che tutti gli abitanti erano morti a causa di una peste, e che il destino voleva che fossero proprio loro a ripopolare quella terra con una razza forte e gentile, per cui l'isola si sarebbe chiamata col nome della donna che sarebbe stata la madre di tutti i nuovi abitanti; ed infatti si chiamò Sicilia, e la nuova generazione crebbe forte e gentile, e si sparse per le coste e per i monti. Qual è il fondamento storico di questa fascinosa leggenda? Lasciando da parte le questioni etimologiche (con le quali si è arrivati a congetturare che il termine Sicilia deriverebbe dall'unione delle due voci antiche sik ed elia, indicanti rispettivamente il fico e l'ulivo, e starebbe a significare la fertilità della terra siciliana)' c'è da osservare che i due grandi folcloristi che hanno riportato questa leggenda, il Salomone Marino e il Pitrè,' hanno di pari consentimento, indicato il riferimento culturale, cogliendolo nell'antica favola di Egesta, abbandonata dal padre Ippota su una barchetta affidata alle onde del mare, perché non diventasse preda dell'orribile mostro marino inviato dal dio del mare Nettuno; e che poi, approdata in Sicilia, e sposa di Crìmiso, partori l'eroe Aceste di cui parla Virgilio nel quinto libro dell'Eneide; ma ambedue hanno tralasciato il fondamento storico, che è dato dall'accenno all'" ingordo Greco-levante ", che avrebbe divorato la povera Sicilia. Il temibile mostro greco-levantino non è altro che l'impero bizantino, la cui dominazione in Sicilia, protrattasi dal 535 all'827, lasciò un cattivo ricordo nell'isola per il suo governare avidamente, tanto che fino a qualche tempo fa si diceva ai bambini troppo vivaci, per farli ammansire: " Vidi ca vénunu i greci! " (bada che stanno per venire i bizantini).' Il che spiega esaustivamente l'origine storica della leggenda.

6 commenti:

Unknown ha detto...

...leggende che fanno amare ancor più questa terra ricca di storia...leggendo questo scritto vien voglia di percorrere le vie che l'attraversano...gioire dei frutteti che la adornano e la arricchiscono...vivere nelle storie raccontate dalle genti che ne animano gli incantevoli scorci. Grazie Legolas per l'interessante scritto...un raggio di sole per un sereno e luminoso giorno..a presto..
Dandelìon

Legolas Helda ha detto...

Si dandelion, la mia terra è stupenda! Percorrere, camminare, per qui paesi ancora dove tutto sembra come sè il tempo si fosse fermato, è inebriante...Amo la mia terra, l'amo con tutto il mio essere, la mia anima e come la mia terra, sognatrice, e martoriata, e adesso scopro d'amarmi come sempre mi sono amato senza però rendermene conto. Lunga vita e prosperità dandelion finiarel.

Unknown ha detto...

"e adesso scopro d'amarmi come sempre mi sono amato senza però rendermene conto"...

molto bello questo tuo scritto...un raggio di Sole per un sereno giorno in armonia ed emozione..a presto amico caro..
Dandelìon

Legolas Helda ha detto...

Amica mia, lascia che ti possa augurare una giornata priva di preoccupazioni, ed altresi ricca di gioie e felicità...sò per certo che ti stò augurando qualsi l'impossibile, ma che il buon Dio possa concederti almeno in parte ciò che ti ho mandato.
Lunga vita e prosperità cara dandelion helda

Unknown ha detto...

...gioire del buone che giunge a noi..nei piccoli gesti che anche tu mi doni..è già un giorno felice..cosa sarebbe la Vita se non ci fossero le piccole preoccupazioni che ancor più ci fanno apprezzare le gioie?...grazie Amico caro..il buon Dio certo veglia su di Te...su noi tutti..a presto..
Dandelìon

Legolas Helda ha detto...

Bene...è gratificante sapere di essere fonte di felicità, anche sè in piccoli gesti, ma credimi con tutto il cuore che ho!
Sono lieto e soddisfatto di averti procurato felicità cara amica mia!
Lunga vita e prosperità dandelion helda.

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