Elémire Zolla (Torino, 9 luglio 1926 – Montepulciano, 29 maggio 2002) è stato un saggista, filosofo e storico delle religioni italiano, conoscitore di dottrine esoteriche e studioso di mistica occidentale e orientale.
Elémire Zolla è nato il 9 luglio 1926
a Torino, dove ha compiuto i suoi studi, laureandosi in
Giurisprudenza. Ha insegnato Letteratura anglo-americana prima come
incaricato all'Università "La Sapienza" di Roma, poi come
ordinario a Catania, a Genova e, dal 1974, di nuovo a Roma. Si è
dedicato durante l'insegnamento soprattutto al commento di Melville,
Hawthorne, Emily Dickinson e Djuna Barnes.
La psicologia tradizionale dell’India,
scaturita dalle fonti metafisiche dei Veda e delle Upanishad,
distingue quattro stati di coscienza relativi alla condizione umana:
lo stato di veglia, e oltre questo gli stati di sogno, sonno profondo
e catalessi. In base a tale articolazione il sogno non viene
concepito come una “diminutio” rispetto all’attenzione vigile,
ma come una dimensione parallela, anzi più profonda che l’asceta
riesce a conquistare attraverso il lavoro su sé stesso. Ora, di
Elemire Zolla si potrebbero dire tante cose ma sicuramente è
appropriato dire che egli fu un uomo che visse nella dimensione del
sogno. Non nelle illusioni oniriche della società plebea di massa, e
neppure ovviamente negli incubi delle ideologie militarizzate del
Novecento, ma proprio nella sfera genuina del sogno: in quella degli
archetipi, dei miti, degli impulsi profondi della coscienza. Oggi che
la professoressa Grazia Marchianò, compagna di Elemire Zolla fino
agli ultimi giorni, ha composto per le edizioni Rizzoli una
“biografia intellettuale” dell’autore, i suoi sogni si
squadernano e prendono posto in un panorama complessivo proprio come
si dice che accada nell’istante ultimo della vita, quando le
immagini della esistenza trascorsa si squadernano in contemporanea.
Elemire Zolla, il conoscitore di segreti raccoglie svariate pagine
della produzione letteraria dell’autore: si va dagli scritti
giovanili polemici nei confronti della società di massa e dei suoi
modelli di divulgazione culturale, a resoconti di viaggi, addirittura
a profili astrologici che egli compose sotto lo pseudonimo di
Bernardo Trevisano.
Probabilmente le vesti del viaggiatore
erano quelle che più si addicevano al professor Zolla. Il viaggio e
la fecondità letteraria sono due elementi che si miscelano in forme
diverse. L’Italia ha conosciuto autori come Salgari che viaggiavano
innanzitutto con la fantasia, ed altri come Moravia che pur visitando
parecchi luoghi trascinavano con sé invariabilmente gli stessi
concetti, gli stessi schemi mentali, le medesime limitazioni
intellettuali. Zolla invece unì la capacità di una mente multiforme
di ampliare continuamente le proprie conoscenze alla vocazione al
“pellegrinaggio”, al nomadismo spirituale. Per tale motivo il
libro che esprime meglio l’animus dell’autore è forse Aure:
quando Zolla descrive le rovine di Persepoli e gli ultimi devoti di
quella nobilissima religione che fu il Mazdeismo il lettore vede,
immagina, in certi tratti addirittura si illumina.
Del resto Zolla fu sempre un pesce fuor
d’acqua in Italia. Non ebbe mai la volgarità dei professori che
per qualche contingenza politica minacciano di auto-esiliarsi, ma era
chiaro che l’Italia nella quale avrebbe potuto trovarsi a suo agio
era scomparsa insieme alle corti dell’ancien regime. Da bambino
avvertì come plumbeo il clima del regime fascista e quando nel
dopoguerra le università furono occupate dai marxisti sembrò
chiedersi: “dov’è la differenza?”. Per qualche tempo sembrò
allinearsi al tono di contestazione dei teorici di Francoforte, ma in
realtà Zolla aveva ben chiaro che la “contestazione globale” dei
vari Marcuse, Adorno era essenzialmente un esercizio di acrimonia;
dal momento che alle latitudini culturali dei semi-marxisti di
Francoforte mancava lo spessore culturale per proporre una
alternativa a ciò che aspramente si criticava (la società del
frigorifero, del televisore, del Reader’s Digest). Zolla cercò,
trovò l’alternativa in luoghi dell’anima che mai gli epigoni
dell’hegelismo di sinistra avrebbero sospettato esistere. Nei
Mistici dell’Occidente indagò le esperienze interiori,
singolarmente concordanti, di veggenti, santi ed eretici senza cedere
alla facile moda di ridurle a malattie, a proiezione della libidine.
Ne "I letterati e lo sciamano" mostrò il patrimonio dei pellerossa
americani: scrisse questo volume nello stesso anno in cui Carlos Castaneda incontrava don Juan, lo sciamano.
I volumi della vecchiaia sembrarono
manifestare una sorta di impulso circolare connaturato alla esistenza
di Zolla: l’anziano professore, “conoscitore di segreti”,
tentava di ricongiungersi alle radici della vita, alla ebbrezza
adolescenziale, allo stupore della prima infanzia. Da questo anelito
nascono le opere sullo Stupore infantile, o quelle che inneggiano al
dionisiaco come Il dio dell’ebbrezza. Nel suo vagabondare tra le
tradizioni, tra le seduzioni dell’anima non si negò sconfinamenti
nelle regioni più umbratili. Esaltò le esperienze con gli
allucinogeni, celebrò le sregolatezze sessuali, si innamorò di quel
macchinoso videogioco che agli inizi degli anni Novanta sembrò – a
detta di alcuni – essere in procinto di modificare tutta la nostra
percezione: la “realtà virtuale”. “Zolla scambia l’estetica
per l’estatica” scrisse allora un arguto polemista cattolico:
ovvero confonde l’Aistesis (l’ebbrezza delle sensazioni) con
l’Estasis (la vertigine spirituale dell’anima che penetra in una
dimensione trascendente). Era una stilettata ben piazzata; ma
liberandola dalla carica polemica era un buon modo per cogliere
l’essenza del suo “daimon”.(spirito guida)
Nell’opera di Zolla si avverte
infatti tutta la ricchezza di quella che Rudolf Steiner chiamava
l’“Anima Senziente”, ovvero il carattere di quel genere di
persone profondamente pagane che colgono il divino nei colori, nei
suoni del mondo; che tendono ad abbattere la barriera tra la
dimensione prosaica, materiale e la dimensione del sogno. Ovviamente
questo genere di persone oscilla di continuo tra la profonda
comprensione delle dinamiche universali e la superstizione, ovvero la
sopravvalutazione di ciò che manifesta lati d’ombra difficilmente
giustificabili. Zolla mai si atteggiò a maestro, e in effetti non
ebbe discepoli. Ebbe numerosi lettori, che attraverso lo splendore
barocco della sua pagina, goderono il privilegio di partecipare a un
suo viaggio, a un suo sogno. Poco tempo prima di morire scrisse un
libro sulla “Discesa all’Ade”: dionisiacamente disse di sì
alla vita, anche quando essa si affrettava a condurlo verso la morte.
5 commenti:
Una biografia breve ma preziosa come un gioiello.
Ricordo Elemire Zolla, che ebbe momenti di grande notorietà, come una persona molto dotta e molto saggia.
Buon giorno Costantino! Grazie, tengo molto a questa persona, che ha avuto il merito di aprirmi gli occhi e la mente. Buona giornata.
Grazie di aver parlati di questo "maestro che non volle mai atteggiarsi da maestro" pur avendo maestria di vita.
“conoscitore di segreti”, come ammiro chi "tenta di ricongiungersi alle radici della vita, alla ebbrezza adolescenziale, allo stupore della prima infanzia". Questo è lo stato naturale dell'uomo, ma ce lo dimentichiamo.
A presto!
Ciao carissima Carla!!Ho ammirato questo signore da sempre. Lo leggo e spero anche di seguirlo ogni tanto, anche se lui è imprendibile!Grazie a te della visita. a presto cara.
...ciao Gala, un personaggio che andrebbe approfondito, da parte mia naturalmente, ma che già alla prima lettura lascia intendere che ciò che si pensa impossibile, forse potrebbe esserlo...abbraccio...e complimenti a te che ancora scavi nelle miniere del sottosuolo umano...
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